Speciale #1: Scrivere dal Beccaria
Intervista a Fabrizio Bruno: rap e affettività negli Istituti Penali Minorili (Ipm)
Istituto Penale Minorile Beccaria, a Milano. Credits foto: Milano Today.
Ciao a tuttə,
Questa è Fratture, la newsletter che una volta al mese racconta il mondo penitenziario in Italia e le sue contraddizioni.
Ci siamo lasciatə lo scorso 15 gennaio, quando è uscito il nostro primo numero, dedicato alle dimensioni di affettività e sessualità in carcere. Oggi vi proponiamo uno speciale di approfondimento.
Buona lettura!
Raccontare l’affettività e la sessualità nelle carceri significa anche esplorare come queste dimensioni siano vissute all’interno degli Ipm, dove sono detenute persone fino ai venticinque anni. Tuttavia, la letteratura accademica a riguardo è scarna e non consente di dare profondità ai vissuti individuali delle persone ristrette.
Per questo motivo, abbiamo intervistato Fabrizio Bruno, vicepresidente di 232aps, un’associazione di promozione sociale nata nel 2019 a Milano con l’obiettivo di supportare, attraverso il rap, percorsi educativi per persone minorenni e giovani adulti. Uno di questi è il laboratorio bisettimanale organizzato all’interno dell’Ipm Beccaria, che ha permesso ad alcune persone ex detenute di realizzare dei singoli musicali, caricati anche su YouTube.
Estratto dell’intervista a Fabrizio Bruno
Detto questo, procediamo.
Una premessa a tutta la conversazione. In quale quadro ci muoviamo, quando facciamo riferimento al Beccaria?
«Il Beccaria è un carcere completamente maschile, che si colloca all’interno del contesto socio-geografico milanese, e non può quindi riflettere l’intero quadro nazionale, fortemente differenziato tra Nord e Sud o, ancora, tra metropoli e città di provincia. L’Ipm di Milano rappresenta un’eccezione nel panorama italiano per l’altissimo numero di attività proposte. In più, i tempi di permanenza nell’istituto sono mediamente brevi e negli ultimi anni è aumentata notevolmente la percentuale di minori stranieri non accompagnati. A fronte di queste caratteristiche, anche la modalità di lavoro cambia. Abbiamo creato, ad esempio, un dizionario arabo-italiano e in un’attività io (di madrelingua italiana, ndr) scrivevo in arabo e loro in italiano; volevo fare in modo che si sentissero accolti. Loro ridevano per la mia pronuncia, chissà cosa ho detto. Ho imparato alcune parole, però.»
Emerge spesso nei testi dei ragazzi quasi un senso di colpa nei confronti delle proprie madri, il timore - quasi certezza - di averle deluse. Penso al testo “Simo” di Kenzoo, ad esempio.
«Nell’immaginario rap c’è la figura della madre a casa, abbandonata dal marito e costretta a prendersi cura dei figli da sola. I ragazzi chiedono spesso scusa per il dolore che le hanno provocato con i loro reati e l’incarcerazione. La madre è quasi come una dea, per la quale si è disposti a fare di tutto. La fidanzata poi è un punto di riferimento: oltre alla dimensione sessuale, la relazione romantica dà identità, permette di sentirsi accettati per come si è. Da qui deriva anche l’enorme sofferenza che spesso vedo nei ragazzi quando una relazione finisce.»
Andare in Marocco a fare una vacanza
Perché dietro l'angolo c'è sempre una speranza
Portare sua madre magari un giorno in Turchia
E non farla più venire in sto cazzo di Beccaria
Sua madre poverina la disperata
Perché voleva fargli capire che era la strada sbagliata
Da seguire
Perché alla fine lo voleva solamente istruire
Kenzoo - Simo ( prod. by Voluptyk) [232 MIXTAPE]
L’assenza della figura paterna nei testi rispecchia la realtà?
«Le figure materne, in quanto donne e madri, sentono di dover assolvere a dei compiti culturali: c’è una richiesta sociale per cui devono continuare ad andare a trovare il figlio e garantire i beni di prima necessità. L’obbligo poi è anche nei confronti dell’istituto: qualsiasi cosa venga richiesta, le madri si muovono subito. Altrimenti, si sentono intaccate nel loro ruolo di madri. Un padre può permettersi invece di non essere presente.»
Quali sono gli strumenti che i ragazzi detenuti al Beccaria utilizzano per mantenere le loro relazioni con l’esterno?
«La musica per queste persone è sicuramente uno strumento per mandare dei messaggi fuori dal carcere ed esprimere un pensiero, oltre che un momento personale di riflessione e rielaborazione del proprio vissuto. Il rap in questo senso è prezioso, perché alla portata di chiunque: non è necessaria una grande intonazione, basta rispettare il tempo. Naturalmente si tratta, però, di un mezzo che ha come destinatario generico il mondo fuori, piuttosto che una persona specifica. Un’altra modalità, più personale, sono le lettere; alcuni di loro, poi, quando non sono possibili i colloqui, ricevono dall’esterno saluti, grida. Il modo in cui questi ragazzi dimostrano tipicamente il proprio affetto è molto concreto, passa solo attraverso oggetti materiali. Un esempio classico è il ragazzo che ruba una borsa per la fidanzata. Il rap permette di ampliare il vocabolario, in senso anche emotivo: attraverso la musica, si spiega quello che si prova e il valore che alcune persone hanno per noi. Senza dover per forza comprare borse per dire come ci si sente.»
Storia triste la mia
Scrivo dal Beccaria
Tu non sei più mia
È finita la magia
Ballo con la morte dentro la mia cella
Sono giorni che non ho una notizia bella
Ho passato momenti orribili dentro le celle
Incancellabili come i tattoo sulla pelle
I tuoi capelli lisci le curve perfette
Le mie braccia tatuate e ai polsi le manette
Io che rubavo per non chiedere niente ai miei
Facevo rapine per portare a cena lei
Luchino - Storia triste ( prod. by Brosky Secret Weapon ) [232 MIXTAPE]
Ci sono espressioni che vengono censurate nei testi delle canzoni? Penso, ad esempio, a termini espliciti riguardo alla sessualità.
«Premessa: le relazioni educative sono relazioni di potere. Detto questo, ti porto un esempio: un ragazzo aveva inserito in un pezzo più e più volte le parole “puttana” e “troia”. Io gli ho spiegato che quelle espressioni rinforzano determinate dinamiche sociali e che ci sono molti altri termini da poter usare. Qualche settimana dopo, a seguito del caso mediatico di Giulia Cecchettin, lui è tornato da me: ci aveva pensato e ha deciso di cambiare il testo. Questo per dire che preferisco, più che censurare, portare a una riflessione. Oggi, però, ci si scontra con una realtà esterna in cui la musica con chiari riferimenti maschilisti, patriarcali e a tratti misogini è in cima alle classifiche. Sono sesso e violenza ad attirare l’attenzione. Io cerco di spingere i ragazzi - che hanno questi come modelli di successo nell’ambito - a non essere burattini, a riflettere.»
Invece, è mai emerso nel corso delle attività un desiderio romantico non eterosessuale?
«Una volta, anni fa, si erano innamorati due ragazzi. Erano in gruppi separati, si scrivevano delle lettere. Dagli altri questa situazione veniva accettata, però forse perché in quel momento c’erano persone che li potevano tutelare. In linea di massima, c’è una forte omofobia diffusa.»
Un’ultima domanda: come si potrebbe intervenire oggi sui temi della sessualità e dell’affettività in carcere minorile?
«È un tema molto delicato, soprattutto in carcere. Le sessualità dei ragazzi sono di frequente compromesse. Prendiamo proprio il testo di un ragazzo che è stato in carcere. Sacky, in “La prima volta”, racconta il suo primo rapporto sessuale, avvenuto con una prostituta: un episodio ricorrente tra i ragazzi detenuti. Inoltre, chi ha spacciato spesso ha avuto la possibilità di scambiare sesso con sostanze di vario tipo. Ci sono poi questioni legate agli abusi - fisici e psicologici - ed episodi di violenza assistita. Ancora, andrebbe affrontato il tema della genitorialità e delle gravidanze, più o meno desiderate: anche al Beccaria sono stati detenuti ragazzi padri. In generale, si è condizionati dal contesto - urbano e familiare - in cui cresce. Sono questioni importanti che non possono essere lasciate soltanto all’educatore o ad un colloquio con uno psicologo. Servirebbe innanzitutto, anche attraverso un coordinamento nazionale, un’educazione mirata a dare le competenze per coltivare le relazioni in modo corretto, ad affrontarne un’eventuale fine, a vedere i bisogni dell’altro, ad ascoltare.»
Forse è colpa dell'odio che ho dentro
Degli ambienti e delle strade che frequento, babe
Ma io per te non provo più niente
Forse meglio non sentirci più perché lo sai
Ma uno come me non si sa come mai
Non si innamora mai
No mai, yeah
No mai, yeah
La prima volta avevo 15 anni
Lei faceva il mestiere che esiste da anni
Son bastati tre colpi non volevo crederci
Eravamo già sporchi come soldi illeciti
SACKY - La prima volta ( prod. NKO )
L’intervista a Fabrizio Bruno, che ringraziamo moltissimo per la disponibilità, finisce qui. Noi, però, non ci salutiamo ancora. Vi proponiamo adesso una brevissima panoramica sulle misure previste per la tutela del diritto all’affettività nelle carceri minorili.
Inquadramento giuridico
Il 10 novembre del 2018 è entrato in vigore il Decreto legislativo n.121, che prevede norme specifiche per l’esecuzione della pena di persone minorenni. Prima di allora, non esisteva una legge ad hoc e la disciplina per le persone adulte veniva applicata anche a soggetti minorenni, con alcune differenze sulla base di convenzioni internazionali.
Il Decreto legislativo ha introdotto alcune novità sostanziali, che riguardano anche il diritto all’affettività. Sono stati ampliati, infatti, i momenti di intimità con le persone care: chi è detenutə in Ipm ha a disposizione otto colloqui mensili e fino a tre chiamate settimanali.
Inoltre, sono state predisposte fino a quattro «visite prolungate al mese», ciascuna con una durata massima di sei ore. Questa tipologia di visita deve essere svolta in «unità abitative», spazi all’interno delle carceri allestiti appositamente per ricreare un ambiente domestico e trasmettere - per quanto possibile - un senso di calore; è prevista, ad esempio, un’area per la preparazione e il consumo dei pasti.
Il Diciannovesimo rapporto sulle condizioni di detenzione dell’Associazione Antigone - pubblicato nel marzo del 2023 - ha evidenziato, tuttavia, come le norme introdotte dal Decreto legislativo del 2018 siano oggi solo in parte applicate: «In alcune carceri [le unità abitative, ndr] non si sono mai effettuate per mancanza di spazi, in altre vi è stato qualche tentativo, solo in poche si è vista una maggiore costanza».
Qualche consiglio
Vi proponiamo qui alcuni contenuti di approfondimento.
Un articolo di Giuseppe Rizzo, che commenta i recenti passi indietro a livello politico sulla giustizia minorile.
Un reportage di Annalisa Camilli, che ha visitato a gennaio del 2023 la comunità educativa Kayrós di Vimodrone, a Milano.
Un'indagine a cura di Monica Cristina Gallo e Cecilia Blengino per conoscere meglio la popolazione giovanile detenuta nella Casa Circondariale di Torino.
Il podcast RadioAttivi, progetto in cui a dialogare sono una classe di un istituto professionale di Torino e un gruppo di ragazzə detenutə presso l'Ipm torinese Ferrante-Aporti.
Keep it trill, una serie su Youtube nata per raccontare le carceri minorili attraverso le storie dellə ragazzə che vi sono reclusə. Il progetto nasce dalla collaborazione tra Antigone e il rapper Kento.
Sempre Kento ha scritto, inoltre, un libro sull’esperienza di conduzione di laboratori rap in Ipm. Il titolo è “Barre. Rap, sogni e segreti in un carcere minorile”.
Grazie per essere arrivatə fin qui!
Se vi va di scriverci per feedback, commenti e segnalazioni in risposta a questa mail o tramite i nostri canali, a noi fa molto piacere.
Noi ci risentiamo a febbraio.
A presto!
Gina, Nicolò, Mafalda, Elisa
Un ringraziamento speciale per questo numero va a Fabrizio Bruno e all’Associazione 232aps.
Estratto dell’intervista a Fabrizio Bruno
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